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Contemporanei al tempo delle migrazioni

Hanno trovato un uomo morto in mare oggi. O forse ieri. Assieme a lui ne hanno trovati anche altri, molti altri invece erano vivi. I bagnanti raccontano che le grida di queste persone hanno attirato la loro attenzione. Così hanno creato una catena umana per salvarli.In lontananza la barca sembrava squarciata, lentamente sembrava essere risucchiata dal mare. Il cielo è cupo in questi giorni di torrido caldo estivo.

 

Alle 9.30 ci sono già 32 gradi e non esiste ombra dove potersi nascondere dal sole. Il paesaggio è bruciato dal sole estivo mentre l'asfalto nero che percorro in auto attraversa una sconfinata terra rosso ocra abitata da nessuno. La strada poi diventa bianca e dissestata, al mio passaggio si alza una nube bianca che avvolge l'auto come un velo. 

 

Oggi è giornata di sbarchi ed affidi presso hotspot di Pozzallo. Questo è una importante porta del Mediterraneo, la prima è sicuramente Lampedusa. Frontex è un'agenzia operativa che si occupa di monitorare quanto avviene alla frontiera. Ogni migrante viene accolto in queste strutture definite di prima accoglienza nelle quali vengono accertate le generalità, lo stato di salute e il paese di provenienza. È un posto strano: ci sono tanti uomini che vivono dentro e sono in attesa di assegnazione. È un luogo dove non vi è nulla di personale, non sembra vi si possa riconoscere il passaggio di uomini nonostante sia abitato da uomini; è un posto nel quale si vive la distinzione tra "noi" e "loro" che è fatta di cultura , parole e di fisionomie nuove. È un luogo che accoglie la diversità ma la tiene a bada, la controlla: è un non luogo.

 

Parcheggio nell'unica striscia di ombra che fiancheggia la zona d'accoglienza. Noi accoglieremo dieci minori stranieri non accompagnati e siamo in fila per sbrigare le pratiche di affido. Dall'esterno l'hotspot è un enorme magazzino blindato da recinzioni alte e spinose attraverso le quali si vede ciò che accade dentro. Ci sono uomini e donne che passeggiano in modo ordinato mentre ridono e mangiano; i carabinieri li sorvegliano a distanza. Due tende sono poste davanti al grande magazzino centrale, tra i fili delle tende penzolano i vestiti che oramai sembrano essere secchi. Alcuni ospiti parlano al telefono; immagino per un attimo che stiano parlando con i famigliari che si trovano in terra natìa. Staranno raccontando della traversata, dei controlli per entrare in italia, delle altre persone che hanno perso la vita in mare e del centro di accoglienza. Probabilmente parleranno di progetti, di zii, parenti o amici che si trovano sul territorio italiano e con i quali hanno in progetto di andare a vivere una volta fuori da lì. In fin dei conti ognuno di noi immagina per sé il futuro che vorrebbe, è uno dei modi per coltivare il desiderio ed esplorare il possibile. 

 

Dopo essermi presentato ai carabinieri aspetto fuori dalla struttura in attesa di essere accolto per le pratiche di identificazione e consegna. Osservando quanto accade non posso fare a meno di vedere che i loro minuti passano con un velo di tensione misto a eccitazione per la sorte che toccherà loro, tra chiacchere, sguardi curiosi e selfie. 

 

È proprio vero quello che si legge nei libri, penso. Appena arrivati, i migranti, esprimono felicità. Dicono che questa felicità è data dalla riuscita del viaggio, notoriamente pericoloso e lungo, dall'approdo in Europa e dall'aver visto terminare la lunga permanenza in Libia dove sfruttamento, violenze e carcerazioni sono alcune delle terribili esperienze che si possono vivere. Poi potrebbero comparire i sintomi di un disturbo dell'adattamento se la sintomatologia è lieve e di breve durata. Si possono ravvisare così umore depresso, facilità al pianto, sentimenti di disperazione, oppure agitazione estrema, irritabilità, preoccupazione, irrequietezza. Può comportarsi in modo da violare i diritti degli altri o le regole della società, per esempio con atti di vandalismo, guida spericolata, inadempienze verso le proprie responsabilità. Se la sintomatologia si protrae oltre i 3 mesi e divenisse ingravescente si parlerebbe di Disturbo post traumatico da stress.

 

Probabilmente per loro l'Europa è terra di grandi sogni e fantasticherie. Una terra fatta di opportunità fugaci, talvolta illecite, di fatica e povertà. Mentre penso a loro sono dentro la macchina in attesa del mio turno. Attraverso questo finestrino guardo l'hotspot e penso che negli ultimi anni ho viaggiato tanto. Ho conosciuto tante persone, alcuni di questi sono diventati amici. Ho portato con me il peso dei miei sogni, delle valigie, della stanchezza e delle delusioni. Penso che non posso paragonarmi ai migranti ma tuttavia un migrante economico lo sono stato. Catania è lo stesso posto dal quale sono partito 7 anni fa e adesso appare ai miei occhi profondamente cambiata. Cerco di ricordare com'era mentre vedo gli effetti del tempo su questi sbiaditi palazzi e queste sporche strade ma non vi è coincidenza tra l'immagine e il ricordo. E mentre cerco di stare in equilibrio tra sensazioni, immagini e qualcosa di indicibile mi torna in mente Agamben quando si interroga rispetto a ciò che significa essere contemporanei del tempo in cui si vive. Contemporaneo è colui che percepisce il buio del suo tempo e da questo buio viene incessantemente interrogato. Il contemporaneo sa bene che questo buio lo riguarda e parla singolarmente a lui. Non si può generalizzare, è una questione di fame e viscere, di rabbia e stanchezza, di occhi e di voce, di felicità e d'istanti perduti. E così mentre penso ai minori che accompagnerò, penso a me. Penso alle mie fatiche e ai segni sulla mia pelle mentre il buio mi travolge; nel frattempo resto qui, di fianco a queste alte recinzioni, all'ombra di un'anonima strada.

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