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Il senso dei sintomi

Alessandro 'Shout' Gottardo ©
Alessandro 'Shout' Gottardo ©

Spesso sembra essere un inizio, un dolore fisico, un pensiero o una parola che ricorre e rincorre. E’ un’ evenienza, una circostanza che si associa, nel suo cadere, a qualcos’altro. Il movimento scientifico, nella sua logica, “cerca innanzitutto di caratterizzare il sintomo con una qualita’ essenziale”1.

E’ un individuale che scivola nella regola generale, che trova posto soltanto all’interno di generalizzazioni. Si faranno indagini familiari relative al disturbo e forse ci verrà fornita la risposta: “Le idee deliranti sorgono in quelle persone nella cui famiglia si sono verificati ripetutamente disturbi psichici di questo o di altro tipo”2. Insomma, se si è sviluppata un'idea delirante , vi è una predisposizione ereditaria: “Questo è già qualcosa, ma è tutto quanto vogliamo sapere? Dovremmo contentarci di ritenere che sia indifferente, arbitrario o inspiegabile che si sia sviluppato un delirio di gelosia invece di qualsivoglia altro delirio? E la proclamata asserzione della predominanza dell'influsso ereditario sarà da intendersi anche in senso negativo, cioè che non importa quali esperienza abbiano toccato quest'anima, destinata a produrre prima o poi un delirio? Voi vorrete sapere perché la Psichiatria scientifica rifugga dal darci altre spiegazioni”.3

La Psicoanalisi nasce proprio lì dove il soggetto racconta; proprio dal sintomo come dotato di senso e connesso con l'esperienza vissuta dal paziente ed ancorato al corpo. Gli stessi sintomi, diceva Freud, “hanno dunque un loro senso, come gli atti mancati, come i sogni, e al pari di questi hanno un nesso con la vita delle persone che li manifestano.”4

Nel capitolo sulla formazione dei sintomi, in Introduzione alla Psicoanalisi, Freud inquadra il sintomo come un cambiamento che fa perno sulla realtà psichica per far mutare il corpo, “un'azione interna al posto di una esterna”5.

Così facendo mutano i piani di realtà e Freud è chiaro in questo: vi è una realtà dei fatti e una realtà psichica e proprio quest'ultima, in contrasto con quella materiale, ci fa capire che “nel mondo delle nevrosi la realtà psichica è quella determinante” aggiunge poi che “la formazione del sintomo è un sostituto di qualcos'altro che non ha avuto luogo”6.

Non risulta essere chiaro, tuttavia, qual è il senso dei sintomi.

Le due direttrici entro le quali si insinua il senso dei sintomi sono: il “da che cosa e il per che cosa”7.

Il primo crea la scena, mostra le impressioni e gli episodi da cui trae origine, il secondo si mostra come un processo tendenzialmente endopsichico che reclama la sua dipendenza dall'inconscio. La dipendenza dall'inconscio è fondamentale in quanto collegata ad un processo fondamentale quale quello della rimozione.

Essa, spiega Freud in Inibizione, Sintomo ed Angoscia, risulta essere qualcosa che, ritirando l'investimento dalla rappresentazione pulsionale da rimuovere agisce scatenando angoscia. La rimozione ha come base un processo già sedimentato che è quello delle esperienze traumatiche di antichissima esperienza. 

Freud stesso parlerà, già in Studi sull'Isteria, di simboli mnestici. Il sintomo ha la sua origine nel moto pulsionale ostacolato dalla rimozione si articola al di fuori e indipendentemente dall'organizzazione dell'Io.

Il sintomo viene riportato come una parola, un dire ad un altro e contestualmente viene sottolineato sotto forma di resistenza provocata dall’intervento dell’analista nell’interpretazione del sintomo 8.

Esso risulta essere non interpretabile in assenza di transfert ed è proprio questo che rende Freud offuscato dinanzi alla gestione del transfert, bloccandolo nella resistenza e stagnando sul sintomo. Proprio per questo motivo la trasformazione del sintomo in parola è qualcosa che avviene fra analista ed analizzante ed opera fra rimozione e resistenza, implicando il transfert come ripetizione. La decodifica del sintomo, nel primo periodo freudiano, è

qualcosa che conduce alla risoluzione mediante un corretto utilizzo dell'interpretazione sia nel tempo che nel significato: è un positivismo terapeutico. Nello studio del sintomo isterico Freud lo definisce come una sostituzione che deve essere interpretata dall’analista sotto transfert, questo è il secondo momento.

Lo studio del transfert mostra come sia esso a porsi come motore nella relazione con l’analista. Nella lezione sulla traslazione, in introduzione alla Psicoanalisi, ci viene mostrato come “lo stesso attaccamento al medico, la stessa sopravvalutazione delle sue qualità, lo stesso assorbimento nei suoi interessi, la stessa gelosia verso tutti quelli che gli stanno vicino”9 palesi una predisposizione a questi sentimenti e vi sia un’origine più profonda che viene

trasferita appunto sull’analista.

“La traslazione che sembrava costituire comunque la più forte minaccia per la cura, ne diventa il miglior strumento, con il cui aiuto si possono aprire i più impenetrabili scomparti della vita psichica.”10

                                                                                                                                           AV

 

 

1 S. Freud, Introduzione alla Psicoanalisi, p.231

2 Ibidem, p.232

3 Ibidem, p.232

4 Ibidem, p.238

5 Ibidem, p.333

6 Ibidem, p.257

7 Ibidem,p.260

8 AAVV,Come iniziano le analisi,Scuola europea di Psicoanalisi, p.166

9 S. Freud, Introduzione alla Psicoanalisi, p. 400

10 Ibidem p.401

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